IMPRESSIONI DELLE SACRE STIMMATE A LA VERNA
STIMMATE DI SAN FRANCESCO
Nel settembre del 1224, mentre sul monte della Verna era immerso nella meditazione, il Signore Gesù, con un prodigio singolare, gli impresse nel corpo le Stimmate della sua Passione. Benedetto XI concesse all’Ordine Francescano di celebrare annualmente il ricordo.
Francesco, mediante le sacre Stimmate,
prese l’immagine del Crocifisso
Dalla «Legenda minor» di san Bonaventura (Quaracchi, 1941, 202-204).
Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall’alto.
Un mattino, verso la festa dell’Esaltazione della santa Croce; raccolto in preghiera sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardori serafici, vide la figura di un Serafino discendente dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all’uomo di Dio. Apparve allora non solo alato ma anche crocifisso.
A questa vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c’erano, al tempo stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante vedendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in modo tanto ammirabile quanto affettuoso ma al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore.
Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la visione disparve, lasciò nella sua anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne i segni esterni della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi; nell’incàvo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e dall’altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafitto da un colpo di lancia, era solcato da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sangue.
Dopo che l’uomo nuovo Francesco apparve insignito, mediante insolito e stupendo miracolo, delle sacre stimmate, discese dal monte. Privilegio mai concesso nei secoli passati, egli portava con sé l’immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente.
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DALLE IMPRESSIONI DELLE STIMMATE DI SAN FRANCESCO
Dai Fioretti
…Appressandosi alla festa della santissima Croce del mese di settembre, andò una notte frate Lione al luogo e all’ora usata per dire mattutino con santo Francesco; e dicendo da capo al ponte, com’egli era usato, “Domine, labia mea aperies” (Salmo 51/50,17), e santo Francesco non rispondendo, frate Lione non si tornò addietro, come santo Francesco gli avea comandato, ma con buona e santa intenzione passò il ponte ed entrò pianamente in cella sua, e non trovandolo, si pensò ch’e’ fusse per la selva in qualche luogo in orazione. Di che egli esce fuori e al lume della luna il va cercando pianamente per la selva: e finalmente egli udì la voce di santo Francesco e, appressandosi, il vide stare ginocchioni in orazione con la faccia e con le mani levate al cielo, e in fervore di spirito sì dicea: “Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?” (Salmo 22/21,7)…
“O SIGNORE MIO GESÙ CRISTO, DUE GRAZIE TI CHIEDO CHE TU MI FACCIA, INNANZI CHE IO MUOIA: LA PRIMA, CHE IN VITA MIA IO SENTA NELL’ANIMA E NEL CORPO MIO, QUANTO È POSSIBILE, QUEL DOLORE CHE TU, DOLCE GESÙ, SOSTENESTI NELL’ORA DELLA TUA ACERBISSIMA PASSIONE; LA SECONDA CH’IO SENTA NEL CUORE MIO, QUANTO È POSSIBILE, QUELL’ECCESSIVO AMORE DEL QUALE TU, FIGLIUOLO DI DIO, ERI ACCESO A SOSTENERE VOLENTIERI TANTA PASSIONE PER NOI PECCATORI”.
E benché quelle piaghe santissime, in quanto gli erano impresse da Cristo, gli dessino al cuore grandissima allegrezza nientedimeno alla carne sua e alli sentimenti corporali gli davano intollerabile dolore. Di che costretto per necessità, egli elesse frate Leone, tra gli altri più semplice e più puro, al quale egli rivelò il tutto e quelle sante piaghe gli lasciava vedere e toccare e fasciare con alcune pezzuole, a mitigare il dolore e a ricevere il sangue che delle dette piaghe usciva e colava.
Fu Gesù stesso, nella sua apparizione, a chiarire a Francesco il senso
di tale prodigio: “Sai tu … quello ch’ io t’ho fatto? Io t’ho donato le
Stimmate che sono i segnali della mia passione, acciò che tu sia il mio
gonfaloniere. E siccome io il dì della morte mia discesi al limbo, e tutte
l’anime ch’ io vi trovai ne trassi in virtù di queste mie Istimate; e così a te
concedo ch’ ogni anno, il dì della morte tua, tu vadi al purgatorio, e tutte
l’anime de’ tuoi tre Ordini, cioè Minori, Suore e Continenti, ed eziandio degli
altri i quali saranno istati a te molto divoti, i quali tu vi troverai, tu ne
tragga in virtù delle tue Istimate e menile alla gloria di paradiso, acciò che
tu sia a me conforme nella morte, come tu se’ nella vita” (“Delle Sacre Sante
Istimate di Santo Francesco e delle loro considerazioni”, III considerazione).
Continuava ancora S. Bonaventura che, scomparendo, la visione lasciò nel cuore
del Santo “un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi
nella sua carne. Subito, infatti, nelle sue mani e nei suoi piedi,
incominciarono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva
osservato nell’immagine dell’uomo crocifisso. Le mani e i piedi, proprio al
centro, si vedevano confitte ai chiodi; le capocchie dei chiodi sporgevano
nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi, mentre le
punte sporgevano dalla parte opposta. Le capocchie nelle mani e nei piedi erano
rotonde e nere; le punte, invece, erano allungate, piegate all’indietro e come
ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sul resto della carne. Il
fianco destro era come trapassato da una lancia e coperto da una cicatrice
rossa, che spesso emanava sacro sangue, imbevendo la tonaca e le mutande” (Leg.
Maj., I, 13, 3).
A proposito ancora dei segni della Passione, il primo biografo del Santo,
l’abruzzese Tommaso da Celano, nella sua “Vita Prima di S. Francesco d’Assisi”,
sosteneva che “era meraviglioso scorgere al centro delle mani e dei piedi (del
Poverello d’Assisi), non i fori dei chiodi, ma i chiodi medesimi formati di
carne dal color del ferro e il costato imporporato dal sangue. E quelle
stimmate di martirio non incutevano timore a nessuno, bensì conferivano decoro
e ornamento, come pietruzze nere in un pavimento candido” (II, 113).
Nonostante le ampie descrizioni e resoconti ed il fatto che vi fossero numerosi
testimoni oculari delle stigmate, non può tacersi la circostanza che la bolla
di canonizzazione di S. Francesco del 19 luglio 1228 “Mira circa nos”,
risalente ad appena due anni dopo la morte del Santo, non ne faccia alcun
cenno.
Non mancarono in verità, già da parte di alcuni contemporanei, contestazioni ed
opposizioni, ritenendo quei segni impressi nelle carni del Patrono d’Italia
frutto di una frode.
Lo stesso Gregorio IX, prima di procedere alla canonizzazione di Francesco,
pare nutrisse dei dubbi riguardo a quel fatto prodigioso. E’ sempre S.
Bonaventura, nel capitolo della sua “Legenda Major” dedicato alla “Potenza
miracolosa della Stimmate” del Poverello, a parlarne.
Scriveva che “Papa Gregorio IX, di felice memoria, al quale il Santo aveva
profetizzato l’elezione alla cattedra di Pietro, nutriva in cuore, prima di
canonizzare l’alfiere della croce (cioè S. Francesco), dei dubbi sulla ferita
del costato. Ebbene, una notte, come lo stesso glorioso presule raccontava tra
le lacrime, gli apparve in sogno il beato Francesco che, con volto piuttosto
severo, lo rimproverò per quelle esitazioni e, alzando bene il braccio destro,
scoprì la ferita e gli chiese una fiala, per raccogliere il sangue zampillante che
fluiva dal costato. Il sommo Pontefice, in visione, porse la fiala richiesta e
la vide riempirsi fino all’orlo di sangue vivo. Da allora egli si infiammò di
grandissima devozione e ferventissimo zelo per quel sacro miracolo, al punto da
non riuscire a sopportare che qualcuno osasse, nella sua superbia e
presunzione, misconoscere la realtà dei quei segni fulgentissimi, senza
rimproverarlo duramente” (Leg. Maj., II, 1, 2).
Tale episodio fu magistralmente rievocato da Giotto negli affreschi della
Basilica superiore del Santo in Assisi.
La Chiesa, comunque, dopo maturo giudizio, con ben nove bolle pontificie (di
Gregorio IX, di Alessandro IV e di Niccolò III), susseguitesi tra il 1237 ed il
1291, difese la realtà delle stigmate di Francesco, senza peraltro esprimere
un’interpretazione definitiva del fenomeno, la cui