LETTERA DI FRATE ELIA
304
LETTERA ENCICLICA DI FRATE ELIA
A TUTTE LE PROVINCE DELL’ORDINE
SULLA MORTE DI SAN FRANCESCO
- A frate Gregorio, suo fratello carissimo in Cristo, ministro della provincia di Francia, e a tutti gli altri fratelli suoi e nostri, invia il suo saluto frate Elia peccatore.
- Prima che io incominci a parlare, un gemito mi sale dal cuore, e ben a ragione. Il mio ruggito è come d’acque dilaganti, perché ciò che temevo mi è accaduto, a me ed a voi; e quello che mi spaventava si è abbattuto, su di me e su di voi: Colui, che era la nostra consolazione, se ne è andato lontano; colui che ci portava tra le sue braccia come agnelli, si è recato in una regione lontana. Lui, che ha insegnato la via della vita e dell’obbedienza a Giacobbe, e ha consegnato un testamento di pace per Israele, poiché era amato da Dio e dagli uomini, è stato introdotto nelle dimore luminosissime del cielo.
Se per lui dobbiamo rallegrarci con tutta la gioia, per noi è solo rammarico, perché siamo rimasti senza di lui mentre ci avvolgono le tenebre e ci copre l’ombra della morte.
Se per tutti è una perdita incolmabile, speciale pericolo è per me, che egli ha lasciato nel mezzo delle tenebre circondato da troppe occupazioni e schiacciato da mali senza numero. E perciò vi scongiuro: piangete con me, fratelli, perché il pianto mi opprime e piango per tutti voi. Siamo rimasti orfani senza padre, privati di colui che era la luce dei nostri occhi.
- Veramente era vera luce la presenza del fratello e padre nostro Francesco, non solo per noi che gli eravamo compagni nella medesima professione di vita, ma anche per quelli che erano lontani. Era infatti, una luce suscitata dalla luce vera quella che illumina quanti erano nelle tenebre e sedevano nell’ombra della morte per dirigere i loro passi sulla via della pace. Questo egli ha fatto, come vera luce meridiana. La luce che veniva dall’alto illuminava il suo cuore e riscaldava la volontà di lui col fuoco del suo amore. Così infiammato, egli predicava il Regno di Dio e convertiva il cuore dei padri verso i figli e gli stolti alla prudenza dei giusti e preparava in tutto il mondo un popolo nuovo per il Signore. Il suo nome è celebrato fino ai più lontani confini, e l’universo intero resta pieno di stupore per le sue mirabili imprese.
- Perciò non vogliate, figli e fratelli miei, abbandonarvi ad una tristezza eccessiva, perché Dio, padre degli orfani vi conforterà con la sua santa consolazione. E se piangete, fratelli miei, su di voi stessi piangete e non su di lui. Noi, infatti, mentre siamo nella pienezza della nostra vita siamo nella morte, lui invece e passato dalla morte alla vita. E siate ripieni di gioia perché, prima di partirsi da noi, come un altro Giacobbe, ha benedetto tutti i suoi figli ed ha perdonato a tutti qualsiasi colpa uno abbia commesso o pensato contro di lui.
- Ed ora vi annuncio una grande gioia, uno straordinario miracolo. Non si è mai udito al mondo un portento simile, fuorché nel Figlio di Dio, che è il Cristo Signore. Qualche tempo prima della sua morte, il fratello e padre nostro apparve crocifisso, portando impresse nel suo corpo le cinque piaghe, che sono veramente le stimmate di Cristo. Le mani e i piedi di lui erano trafitti come da chiodi penetrati dall’una e dall’altra parte, e avevano delle cicatrici dal colore nero dei chiodi. Il suo fianco appariva trafitto da una lancia, ed emetteva spesso gocciole di sangue
- Mentre era in vita aveva aspetto dimesso e non c’era bellezza nel suo volto: non era rimasto in lui membro che non fosse straziato. Le sue membra erano rigide, per la contrazione dei nervi, come avviene in un uomo morto. Ma, dopo la morte il suo volto si fece bellissimo, splendente di mirabile candore e consolante a vedersi. Le membra, prima rigide, divennero flessibili e pieghevoli qua e là come si volevano disporre, a guisa di un tenero fanciullo.
- Perciò, fratelli, benedite il Dio del cielo e proclamate la sua grandezza davanti a tutti, perché ha fatto scendere su di noi la sua misericordia. Custodite il ricordo del padre e fratello nostro Francesco, a lode e gloria di Colui, che lo ha reso grande tra gli uomini e lo ha glorificato tra gli angeli. Pregate per lui, come egli medesimo ci ha chiesto prima di morire, e invocatelo, perché Dio renda anche noi partecipi con lui della sua santa grazia. Amen.
- Il padre e fratello nostro Francesco è tornato al Signore, nella prima ora della notte che precede il 4 ottobre, di domenica. O voi, dunque, fratelli carissimi, ai quali perverrà questa lettera, a imitazione del popolo di Israele nel suo pianto su Mosé ed Aronne, suoi incliti condottieri, lasciamo libero sfogo alle lacrime, poiché siamo stati privati del conforto di così grande padre.
-
- Veramente, è cosa pia condividere il gaudio di Francesco, ma è cosa pia anche il piangere Francesco. É sentimento filiale partecipare alla sua esultanza, perché egli non è morto, ma se n’è partito per il grande mercato del cielo, recando con sé il sacchetto del suo denaro, e tornerà a casa nel plenilunio. Ma è ancora da figli piangere la perdita di Francesco. Egli, che passava tra noi, come Aronne, porgendoci del suo tesoro cose nuove e cose vecchie, e ci consolava in ogni nostra tribolazione, fu tolto di mezzo a noi, ed ora siamo veramente orfani, senza padre. Ma sta scritto: A Te si abbandona il misero, dell’orfano tu sei sostegno. Perciò, fratelli carissimi, pregate tutti senza stancarvi affinché, se la piccola brocca di creta è stata infranta nella valle dei figli di Adamo, il Signore, che è il grande vasaio, si degni plasmarne un’altra, che sia meritevole d’onore e stia sopra la moltitudine della nostra famiglia, e ci preceda alla battaglia, come vero Maccabeo.
Ma, poiché non è cosa superflua pregare per i defunti, pregate per lui il Signore. Ogni sacerdote celebri tre Messe, ogni chierico reciti il Salterio, ogni fratello non sacerdote dica cinque Pater noster. I chierici celebrino in comune una solenne veglia. Amen.