Da Francesco d’Assisi a Papa Francesco, oltre due milioni di giovani da tutto il mondo alla 28 giornata della gioventù
Oltre due milioni di giovani alla Veglia di preghiera a Copacabana per la 28.ma Giornata mondiale della gioventù. Il Pontefice, prima di giungere al palco, ha percorso con la jeep bianca non blindata il lungomare tra due ali di folla festante. E’ sceso dalla jeep per abbracciare un disabile e stringere le mani dei pellegrini. La veglia era composta di una liturgia della Parola plurilingue ed è divisa in due momenti: il dialogo tra il Papa e i giovani e la processione del Santissimo Sacramento, seguita dall’adorazione eucaristica. La prima parte è stata accompagnata da una scenografia cui hanno partecipato decine di giovani intenti a costruire una chiesa, come aveva fatto San Francesco. Dopo il discorso del Papa i giovani hanno smontato la chiesa, portando via i pezzi uscendo in varie direzioni illustrando così il motto della Gmg “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, Alcuni giovani hanno offerto toccanti testimonianze di fede e conversione. Intenso il silenzio durante l’adorazione eucaristica.
Nel suo discorso il Papa parte dalla storia di san Francesco d’Assisi: “Davanti al Crocifisso sente la voce di Gesù che gli dice: “Francesco, va’ e ripara la mia casa”. E il giovane Francesco risponde con prontezza e generosità a questa chiamata del Signore: riparare la sua casa. Ma quale casa? Piano piano, si rende conto che non si trattava di fare il muratore e riparare un edificio fatto di pietre, ma di dare il suo contributo per la vita della Chiesa; si trattava di mettersi a servizio della Chiesa, amandola e lavorando perché in essa si riflettesse sempre più il Volto di Cristo”.
“Anche oggi il Signore continua ad avere bisogno di voi giovani per la sua Chiesa. Partendo dal nome del luogo dove ci troviamo, Campus Fidei, Campo della Fede, ho pensato a tre immagini che ci possono aiutare a capire meglio che cosa significa essere discepolo-missionario: la prima, il campo come luogo in cui si semina; la seconda, il campo come luogo di allenamento; e la terza, il campo come cantiere”.
“Anche oggi – ha detto il Papa – il Signore continua a richiedere i giovani alla Chiesa. Anche oggi chiama ciascuno di voi a seguirlo nella sua Chiesa e ad essere missionari”. In che modo, domanda il Papa. “Penso – ha proseguito – che possiamo imparare qualcosa da quello che è accaduto in questi giorni: come abbiamo dovuto annullare a causa del maltempo, la realizzazione di questa veglia nel Campus Fidei, a Guaratiba. Non ci starà dicendo il Signore che il vero campo della fede, il vero campus fidei, non un luogo geografico, ma siamo noi? Sì è vero! Ognuno di noi, ognuno di voi, io, tutti! E essere discepolo missionario significa saper riconoscere che siamo il Campo della fede di Dio! Per questo, a partire dall’immagine del Campo della fede, ho pensato a tre immagini, tre, che ci possono aiutare a capire meglio che cosa significa essere un discepolo-missionario: la prima immagine, il campo come luogo in cui si semina; il secondo, il campo come luogo di addestramento; e il terzo, il campo come cantiere”.
Il Pontefice parla del campo come luogo in cui si semina: “Conosciamo tutti la parabola di Gesù che narra di un seminatore andato a gettare i semi nel campo; alcuni di essi cadono sulla strada, in mezzo ai sassi, tra le spine e non riescono a svilupparsi; ma altri cadono su terra buona e producono molto frutto (cfr Mt 13,1-9). Gesù stesso spiega il significato della parabola: il seme è la Parola di Dio che è gettata nei nostri cuori (cfr Mt 13,18-23). Oggi, tutti i giorni, ma oggi in maniera speciale, Gesù semina, quando accogliamo la Parola di Dio, allora noi siamo il campo della fede! Per favore – ha esclamato il Papa – lasciate che Cristo e la sua Parola entrino nella vostra vita” e che “possano germogliare e crescere! Gesù ci dice che i semi caduti ai bordi della strada o tra i sassi e in mezzo alle spine non hanno portato frutto”. Il Papa pone un’altra domanda: “Che tipo di terreno siamo, che tipo di terreno vogliamo essere? Forse a volte siamo come la strada: ascoltiamo il Signore, ma non cambia nulla nella nostra vita, perché ci lasciamo intontire da tanti richiami superficiali che ascoltiamo”. Il Papa invita a chiedersi: “Sono un giovane intontito?”. Oppure “siamo come il terreno sassoso: accogliamo con entusiasmo Gesù, ma siamo incostanti e davanti alle difficoltà non abbiamo il coraggio di andare contro corrente”. E invita a chiedersi: “Ho valore io sono codardo?”. Oppure “siamo come il terreno con le spine: le cose, le passioni negative soffocano in noi le parole del Signore (cfr Mt 13,18-22)” e vivo su due livelli, seguendo un po’ Dio e un po’ il diavolo. “Oggi, però, sono certo che il seme può cadere in terra buona” e che “voi volete essere terreno buono, cristiani seri cristiani non part-time, non “inamidati” o “cristiani di facciata”. Sono certo – ha proseguito – che non volete vivere in una libertà fasulla “che si lascia trascinare dalle mode e dalle convenienze del momento. So che voi puntate in alto, a scelte definitive che diano senso pieno alla vita”. E ha proseguito: “Gesù è in grado di offrirvi questo. Lui è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Fidiamoci di Lui. Lasciamoci guidare da Lui!”
Poi il Papa parla del campo come luogo di allenamento: “Gesù ci chiede di seguirlo per tutta la vita, ci chiede di essere suoi discepoli, di “giocare nella sua squadra”. La maggior parte di voi ama lo sport. E qui in Brasile, come in altri Paesi, il calcio è una passione nazionale. Ebbene, che cosa fa un giocatore quando è convocato a far parte di una squadra? Deve allenarsi, e allenarsi molto! Così è nella nostra vita di discepoli del Signore. San Paolo ci dice: «Ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce; noi invece una che dura per sempre» (1 Cor 9,25). Gesù ci offre qualcosa di superiore della Coppa del Mondo, qualcosa di più grande!”. E ha continuato: “Gesù ci offre la possibilità di una vita feconda, di una vita felice e ci offre anche un futuro con Lui che non avrà fine, la vita eterna, questo è quello che ci offre Gesù. Ma ci chiede che paghiamo l’ingresso e l’ingresso è che noi ci alleniamo per “essere in forma”, per affrontare senza paura tutte le situazioni della vita, testimoniando la nostra fede. Attraverso il dialogo con Lui: la preghiera”. Il Papa invita a chiedersi: “Io prego? Io parlo con Gesù? Lascio che lo Spirito Santo parli al mio cuore?”. Pregare – ha detto il pontefice – significa parlare con Gesù quando si fa una cosa buona e quando si fa una cosa cattiva, questa è la preghiera e con questo ci si allena nel dialogo con Gesù. E anche “attraverso i Sacramenti, che fanno crescere in noi la sua presenza e attraverso l’amore fraterno, il saper ascoltare, il comprendere, il perdonare, l’accogliere, l’aiutare gli altri, ogni persona, senza escludere, senza emarginare. Preghiera, sacramenti, aiuto del prossimo”, questo – ha detto il Papa – significa allenarsi. .
Terza immagine proposta dal Papa, il campo come cantiere: “Quando il nostro cuore è una terra buona che accoglie la Parola di Dio, quando “si suda la camicia” cercando di vivere da cristiani, noi sperimentiamo qualcosa di grande: non siamo mai soli, siamo parte di una famiglia di fratelli che percorrono lo stesso cammino: siamo parte della Chiesa”. Il Papa chiede: “Volete costruire la Chiesa?”. E ha esortato con forza a essere costruttori della Chiesa: “Non vi mettete nella coda della storia, siate protagonisti … costruite un mondo migliore, un mondo di fratelli, un mondo di giustizia, di amore, pace, di fraternità, solidarietà!”. “San Pietro ci dice che siamo pietre vive che formano un edificio spirituale (cfr 1 Pt 2,5). E guardando questo palco, si vede che esso ha la forma di una chiesa costruita con pietre vive. Nella Chiesa di Gesù siamo noi le pietre vive, e Gesù ci chiede di costruire la sua Chiesa: ognuno di noi è una pietra vivo, è un pezzetto della costruzione e se manca questo pezzetto quando viene la pioggia … e entra l’acqua dentro casa. Ogni pezzetto vivo deve custodire l’unità e la sicurezza della Chiesa e non costruire come una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone”. Ci chiede “che la sua Chiesa vivente sia così grande da poter accogliere l’intera umanità, sia la casa per tutti! Dice a me, a voi, a ciascuno: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Questa sera rispondiamogli: Sì, Signore, anch’io voglio essere una pietra viva; insieme vogliamo edificare la Chiesa di Gesù! Voglio andare ed essere costruttore della Chiesa di Cristo!”….
“Il tuo cuore, giovane cuore – afferma il Papa – vuole costruire un mondo migliore”. Il Papa ha detto di aver seguito le notizie riguardo ai tanti giovani che in tante parti del mondo, e anche qui in Brasile, “sono usciti per le strade per esprimere il desiderio di una civiltà più giusta e fraterna”. Sono “giovani che vogliono essere protagonisti del cambiamento. Per favore – ha esclamato – non dite che altri sono protagonisti del cambiamento. Voi siete quelli che hanno il futuro. Attraverso di voi entra il futuro nel mondo. Anche a voi chiedo di essere i protagonisti di questo cambiamento. Continuate a superare l’apatia e a offrire una risposta cristiana alle preoccupazioni sociali e politiche” presenti nel mondo. Il Papa chiede ai giovani di essere “costruttori del futuro, che si mettano al lavoro per un mondo migliore. Cari giovani, per favore, non state alla finestra della vita”. Il Papa pone un’altra domanda: da dove cominciare? Quali i criteri per la costruzione di una società più giusta? E ricorda quando chiesero a Madre Teresa di Calcutta che cosa doveva cambiare nella Chiesa, lei rispose: “Tu ed io! Da voi e da me!”.
“Cari amici – ha concluso il Papa – non dimenticate: siete il campo della fede! Siete gli atleti di Cristo! Siete i costruttori di una Chiesa più bella e di un mondo migliore. Alziamo lo sguardo verso la Madonna. Essa aiuta a seguire Gesù, ci dà l’esempio con il suo “sì” a Dio: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Lo diciamo anche noi, insieme con Maria, a Dio: avvenga per me secondo la tua parola. Così sia!” .