GESU’ CRISTO
IL PIU’ STORICO DEI PERSONAGGI
L’uomo è l’unico ” animale ” che prega e seppellisce i propri morti fin dalla preistoria, l’unico che dimostra preoccupazioni di ordine soprannaturale. La religiosità è la vera differenza che ci distingue dalle altre creature. I tentativi recenti di taluni sistemi politici di sopprimere tale sentimento sono miseramente falliti anche se sono costati milioni di martiri. L’uomo è il solo ad aver coscienza di sé e del creato e possiede il desiderio innato di incontrare Dio. Scrive Baruc: ” Tu sei il Signore nostro Dio e noi ti loderemo, o Signore. Per questo tu hai suscitato nel nostro cuore la volontà di amarti e di invocare il tuo nome”.
Il Cristianesimo è la religione più diffusa sulla terra e Cristo è il personaggio storico per eccellenza: nessun uomo di nessun’epoca possiede come lui tanti riferimenti bibliografici (oltre 5.000 antichi testi parlano di lui), monumentali ed artistici e Il nostro calendario basa la cronologia dalla sua nascita. E’ certamente il personaggio più rivoluzionario mai apparso sulla terra e la sua rivoluzione (interiore, ma non solo) continua.
Il credo cristiano si basa sull’amore a Dio e sull’amore reciproco di tutte le persone; l’amore è il comandamento che sintetizza tutto il messaggio del lieto annuncio di salvezza nella speranza della vita eterna . Anche per l’Islam, la seconda religione per diffusione, Cristo è un grande profeta e il Corano ne parla con un certo rispetto (meno per i suoi seguaci che sono definiti infedeli).
Il cristianesimo non è una religione come le altre, dove uomini illuminati o saggi presentano Dio per farlo conoscere agli altri al fine di elevare questi verso la divinità. Nel Cristianesimo è Dio stesso, Gesù Cristo, l’unigenito figlio del Padre Onnipotente a farsi uomo e far conoscere la misericordia del Creatore. E’ Cristo che viene proposto: la sua vita, la sua coerenza, la sua umiltà, la sua bontà, la sua misericordia, la sua morte ingiusta e la sua gloriosa resurrezione
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La figura di Gesù di Nazareth si staglia in piena luce storica. La sua avventura terrena comincia con la nascita (forse il 6 a. C.), e si chiude, come ormai è comunemente ammesso, l’anno 30 dell’era cristiana.
In primo luogo vengono le fonti dei discepoli del Cristo, soprattutto i Vangeli.
L’antichissima e costante tradizione attribuisce i Vangeli a discepoli di Gesù (Matteo, Giovanni), a un compagno dei primi apostoli, che può anch’egli aver conosciuto personalmente Gesù (Marco) e a un medico di Antiochia (Luca), che ha avuto occasione di interrogare testi oculari (e lo dice lui stesso). Già Papia, vescovo di Gerapoli in Frigia, verso il 130 fa i nomi di Matteo e Marco; alla fine del sec. II S. Ireneo e il cosiddetto Canone o Frammento Muratoriano (perché scoperto dal grande Muratori), fanno il nome di tutti e quattro gli evangelisti.
L’antichità dei Vangeli è confermata da papiri scoperti recentemente. Specialmente il Vangelo di Giovanni si tentava di spostarlo al 200, o al 300 d. C. Tra i papiri egiziani nella biblioteca John Rylands a Manchester è oggi ben noto il Ryl. Gk 457 (P52) che contiene Giovanni 18, 31-33, 37, 38: risale ai primi decenni del sec. Il (verso il 130), se non prima. Il papiro Bodmer classificato come P66 nella prima parte contiene i primi 14 capitoli di Giovanni: è scritto verso il 200, ma per i primi fogli si ammette una data anteriore.
Accanto ai Vangeli ci sono le lettere degli Apostoli, tra cui le 13 lettere di Paolo: benché l’Apostolo non sia stato tra i discepoli di Gesù, è vicinissimo agli avvenimenti, e la sua figura eccezionale dà anche un valore eccezionale alle sue affermazioni storiche.
L’esame dei Vangeli ci conferma che gli scrittori conoscono bene storia e geografia del tempo. La loro narrazione è precisa, e quanto mai fredda, oggettiva e distaccata; narrano nei minimi particolari la passione e la morte di Gesù, e non narrano la sua resurrezione a cui nessuno fu presente. Ed è bene ricordare che quasi tutti questi scrittori, questi testimoni (o martiri) hanno firmato e confermato col sangue la loro testimonianza.
Fuori dell’ambiente cristiano vi sono brevi, ma significative indicazioni tra giudei e latini.
Tra i Giudei ricordiamo Giuseppe Flavio che nelle Antichità giudaiche, scritte in greco verso il 93-94 si riferisce a Cristo in due passi. Notevole importanza ha il cosiddetto ” testimonium flavianum ” nel libro XVIII, 63-64. Il testo finora conosciuto presenta delle ” interpolazioni cristiane “. Riferiamo quello che si presume fosse il testo originale: ” In questo tempo esisteva un uomo saggio chiamato Gesù. E la sua condotta era buona, ed era conosciuto come virtuoso. E molta gente tra i giudei e altre nazioni divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò alla crocifissione e alla morte. E coloro che divennero suoi discepoli non abbandonarono la sua sequela. Essi raccontavano che egli era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione e che egli era vivo; di conseguenza egli era forse il Messia riguardo a cui i profeti avevano raccontato cose meravigliose ” . (I due professori israeliani Shlomo Pines e David Flusser (1972) pensano che il testo originale è quello contenuto in un testo arabo del sec. X, scritto da un certo vescovo Agapio, che parlando della crocifissione di Cristo cita appunto il testo di Giuseppe Flavio riferito nel testo. La traduzione italiana l’abbiamo desunta da P.C. Landucci, L’università ebraica per la storicità di Gesù, in Osservatore Romano, 10 marzo 1972, p. 5).
Tra i latini ci sono le testimonianze di Plinio il Giovane, Svetonio e Tacito. Tacito negli Annali 15, 14, dopo aver parlato dell’incendio di Roma nel 64 e delle persecuzioni contro i ” chrestiani “, continua: ” L’autore di questa denominazione, Cristo, sotto l’impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; ma, repressa per il momento, l’esiziale superstizione erompeva di nuovo, non solo per la Giudea origine di quel male, ma anche per l’Urbe”. Plinio il Giovane, nella sua qualità di governatore della Bitinia, nel 112 o 113 scrive a Traiano che un gran numero di Cristiani, gente di ogni condizione, età e sesso, in determinato giorno (domenica) prima dello spuntare dell’alba si riuniscono per rendere culto a Cristo come a Dio (” Carmenque Christo quasi Deo dicere”).
Come conferma della ” storicità” di Cristo ricordiamo il ” ritratto ” del crocifisso nella Sindone di Torino: quel Crocifisso non può essere altro che Gesù di Nazareth.
Vita narrata in anticipo
La storia di Gesù è stata ” narrata ” secoli prima che egli nascesse, da scrittori (profeti) separati nel tempo l’uno dall’altro, e senza che si accordassero. Spigoliamo qualche particolare.
Doveva nascere da Abramo, da David, da una madre vergine, a Betlemme; su quest’ultimo particolare si noti che tutto portava a far nascere Gesù a Nazareth: ma all’ultimo momento intervenne il censimento di Augusto, e Gesù nacque a Betlemme, donde proveniva la famiglia di David.
La sua passione e morte e sepoltura è raccontata nei minimi particolari.
Sarebbe entrato a Gerusalemme cavalcando un puledro figlio di un’asina (Zaccaria 9,9). Poi sarebbe stato ridotto come un lebbroso, un verme; le sue vesti distribuite tra i suoi carnefici, che avrebbero poi tirato a sorte la sua tunica (Salmi 22, 19); sepolto con empi, ma avrebbe avuto il sepolcro da ricco (Isaia 53, 9).
Da tali coincidenze filosofia e Apologetica tirano le loro conclusioni.
La filosofia conclude che tale racconto, preannunciato tanti secoli prima e da persone che non si erano accordate, esige una persona fuori tempo che prevede tutto e domina tutto: senza timore la possiamo chiamare Dio.
L’ Apologetica conclude che Gesù è quindi il Messia promesso e annunciato: accettare la sua parola, come parola di Dio.
(Tale coincidenza ha un valore particolare per il popolo ebraico. Tutta la storia di questo popolo ha senso come preparazione e tendenza al Messia che doveva nascere da Abramo, da David. L’unico Messia che può essere preso in considerazione è Gesù (attenderne oggi un altro è cosa fuori luogo e fuori tempo); e quindi per gli ebrei non accettare Gesù è rinnegare tutta la prodigiosa e unica storia del loro popolo).
Gesù parla di se stesso
Dai Vangeli si può ricavare che cosa Gesù abbia detto di se stesso, con estrema chiarezza, sia pure con prudenza e in modo progressivo.
Ha detto di essere il Cristo, il Messia promesso: per esempio lo ha detto chiaramente alla Samaritana (Giovanni 4, 25-26).
Il Cristo, o Messia come inviato di Dio, avrebbe potuto essere anche un semplice uomo, come Mosè. Invece Gesù ha detto di essere figlio di Dio in senso stretto, ” una cosa sola col Padre”. Egli ha dato a se stesso attributi divini: ha detto di essere anteriore ad Abramo, anzi al mondo, di essere disceso dal cielo. Di fronte agli elementi si presenta come padrone assoluto; durante una furiosa tempesta sul mare di Galilea egli ” dormiva sopra un cuscino… svegliatosi, minacciò il vento e disse al mare: Taci! Calmati! ” (Marco 4, 38-39). Egli dice di essere il nostro unico Maestro, di essere la ” via, verità, e la vita “; di essere ” la resurrezione e la vita”; si proclama giudice supremo dell’umanità, col potere di rimettere i peccati, potere che conferisce anche agli altri. Accetta, anzi esige onori divini: deve essere onorato come il Padre, cioè come Dio (Giovanni 5, 23); ogni uomo lo deve amare più dei genitori, della moglie, dei figli, dei fratelli e della sùa stessa vita (Luca 14, 26).
Concludendo, Gesù si è detto figlio di Dio in senso stretto e quindi vero Dio: a Pietro, che lo aveva riconosciuto il ” Cristo figlio del Dio vivente ” promise il primato della Chiesa; e l’accusa finale per la quale il Sinedrio lo condannò a morte fu appunto perché si era detto figlio di Dio.
Ciò che Gesù ha detto di sé o è vero o non è vero: non c’è una via di mezzo. Se è vero, dunque Dio c’è, e si è manifestato soprattutto con la venuta di Gesù, suo figlio.
Chi rigetta la testimonianza di Gesù su se stesso come falsa (la persona di Gesù Cristo, il suo problema si impone a tutti: non interessarsene è già un rigettarlo; non decidere è già un decidere per la falsità della sua testimonianza. Tanto vale allora di prendere una decisione esplicita, e saggia) deve poi scegliere tra due ipotesi: o Gesù l’ha detto in buona fede, o l’ha detto in mala fede, sapendo di mentire, volendo ingannare.
Chi dice che Gesù parlava (e si sbagliava) in buona fede, viene a dire che Gesù fu il più compassionevole dei pazzi. Un povero ciabattino che si dice imperatore d’Europa è un pazzo incurabile; che dire di un povero carpentiere giudeo che si proclama figlio di Dio, eterno, padrone del mondo? Naturalmente chi volesse sostenere che Gesù fosse il più compassionevole dei pazzi deve poi spiegare la coerenza e altezza del suo insegnamento, la prontezza della sua intelligenza (per es. nell’affare dell’adultera: ” Chi è senza peccato, scagli la prima pietra “; nella questione del tributo: ” Di chi è l’immagine?… Date a Cesare… “).
Chi dice che Gesù parlava in cosciente malafede viene a dire che Gesù è il più abietto degli impostori e dei mistificatori: se non è il Cristo è l’anticristo, se non è Dio è un demonio. Chi se la sente di dire una simile cosa?
Così Renan e seguaci che, mentre fanno mostra di esaltare Gesù (il grande maestro di morale, il martire del Golgota ecc. ecc.) ne negano però la divinità, in realtà vengono a dare a Gesù del pazzo o del demonio. E viene inevitabilmente di applicare a Renan e seguaci la stessa alternativa: se essi compiono siffatta ” pseudoesaltazione ” di Gesù in buona fede senza rendersi conto di come in realtà lo ingiuriano, sono dei poveri deficienti; se poi la compiono in mala fede, sono stati a scuola dal demonio.
Concludiamo che la sola testimonianza di Gesù su se stesso basta a dirci ch’egli è Dio, e quindi Dio c’è.
Gesù e i miracoli
Tutta la vita di Gesù è costellata di avvenimenti superiori alle forze naturali.
Ricordiamo le profezie. A Pietro dice con precisione: ” Questa notte prima che il gallo canti due volte, mi avrai negato tre volte “; gli preannunciò anche la morte per martirio: e fu così. A Gerusalemme profetizzò la vicina distruzione, precisando che la città sarebbe stata presa d’assedio: ” I tuoi nemici ti circonderanno con trincee… ” (Luca 19, 43); e in realtà Tito, dopo aver tentato invano di espugnare la città per assalto, la fece circondare con un vallo.
I miracoli sono innumerevoli. E’ guarito un cieco nato: la scena è narrata con vivacità straordinaria, e sul fatto fu ordinata dai farisei una inchiesta regolare (Giovanni 9). Due volte pochi pani sono moltiplicati in modo da sfamare migliaia di persone. Gesù con un solo cenno fa cessare una furiosa tempesta nel lago di Tiberiade. Sono raccontate in modo circostanziato tre resurrezioni di morti: della figlia di Giairo, del figlio della vedova di Nain e di Lazzaro.
Il fatto più decisivo è che Gesù stesso è risuscitato da morte, si è autorisuscitato. Il fatto stesso della sua risurrezione non è narrato dagli evangelisti, perché nessuno vi fu presente per attestarlo, e in ciò si vede una ennesima conferma della loro oggettività. Ma la risurrezione di Gesù si deduce con sicurezza da tre fatti certi. (Rileviamo anche un quarto indizio, anche se non apodittico: il corpo del Crocifisso avvolto nella Sindone non si decompose; altrimenti la Sindone sarebbe stata alterata dalla corruzione del corpo che vi era involto).
Il primo è il sepolcro vuoto. Contro gli Apostoli che esaltavano la risurrezione di Gesù, i nemici (il Sinedrio e le autorità romane) avevano un rimedio infallibile per tappare loro la bocca: mostrare il corpo morto del Maestro. Non l’hanno fatto; ed è segno che non l’hanno potuto fare.
Il secondo fatto è dato dalle apparizioni di Gesù. Per quaranta giorni Gesù si fa vedere spesse volte in diversi luoghi, fino a 500 persone insieme; si fece toccare le carni dai discepoli, mangiò con loro: segno che era vivo.
Il terzo fatto è la fede incrollabile dei discepoli e della Chiesa primitiva. Se Gesù non fosse uscito dalla tomba, nella tomba sarebbero rimasti e morti con lui il suo nome e la sua opera. Se Gesù non fosse risorto, i discepoli l’avrebbero inevitabilmente ritenuto un vinto, un mentecatto, un impostore; e al più presto l’avrebbero dimenticato. Invece, benché fossero pochi e di basso rango, si diedero con costanza invincibile a predicarlo, pagando tranquillamente col sangue. I discepoli ebbero assoluta certezza nella legittimità del mandato ricevuto e nella riuscita della impresa: perché, dissero, ” questa è la vittoria che ha vinto il mondo, la nostra fede ” (I Giovanni 5, 4). E la fede si fondava sulla invincibile sicurezza della risurrezione di Gesù.
Le affermazioni di Cristo
IL MESSIA
Gesù ha detto di essere il messia, l’atteso di Israele (Mt. XVI, 17; Mt. XXVI, 63-64; Mt. XXIII, 10; Mc. IX, 40; Lc. XXIV, 26; Gv. XVII,3). Gesù ha affermato di essere il Messia sia in circostanze solenni, che in quelle meno impegnative, in tutte con dichiarazioni chiare, serene, ma, anche perentorie e inequivocabili.
MANDATO DA DIO E RIVELATORE
Gesù dice di essere mandato da Dio affinché insegnasse e predicasse (Mt. X,40; XV,24; VII,29; XXIII,10; Mc. ,21-38; Lc.IV,31; X,16; Gv. VII,16).
Gesù è un apportatore di verità da parte di Dio: Egli è un rivelatore, per cui chi non ascolta Gesù non ascolta Colui che lo ha mandato.
PERFEZIONATORE DELLA LEGGE
Gesù dice di non essere venuto ad abrogare, ma a perfezionare la Legge e i Profeti (Mt.V,17).
Dal discorso della montagna ed altri, sono tanti gli interventi di Gesù tesi a perfezionare la Legge (Mt. V, 21segg.; VI,9segg.; XVIII,18; X,14segg.).
Tutta la vita morale si raccoglie intorno al concetto e alla pratica di carità.
APPORTATORE DI UNA VITA NUOVA
« Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano con grande abbondanza » (Gv. X,10).
Gesù insiste su questo punto con frequenza, insistenza e solennità (Gv. I,1segg.)
FONDATORE DI UN REGNO
Gesù afferma di essere venuto a fondare il Regno di Dio, conformemente alla sua missione messianica.
Egli fissa i caratteri di questo Regno: storia, attribuzioni e gerarchia.
FIGLIO DI DIO
Nelle circostanze più solenni Egli si chiama Figlio di Dio (Mt.XI,27; Lc. XXIII,24)
Egli distingue la paternità di Dio nei suoi riguardi rispetto a quella con gli altri (Mt. VI,1-32).
Tutti lo chiamano Figlio di Dio o gli contestano che si fa chiamare tale (Mt. IV,3; VIII,23; Lc.I,35; III,22; Gv. V,23segg.
Il messaggio di Gesù ci ha educati a familiarizzare con le più alte cose: Dio, paternità, vita, amore.
Le profezie e Cristo
Esiste una corrente profetica unica nella storia umana che preannuncia Cristo.
TRADIZIONE PRIMITIVA COMUNE A TUTTI I POPOLI STORICI : ci sono in tutti i popoli degli elementi comuni quali una felicità primitiva, un decadimento dovuto a cause morali, un’aspettativa di un riparatore e salvatore, che rivela l’esistenza in tutti i popoli di un’intima pena e di una segreta speranza e aspettativa di una riparazione.
LA STORIA DI ISRAELE
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Sin dall’inizio della sua vita il popolo di Israele è cosciente della propria missione di preparare l’avvento del Messia e del suo Regno (Gen. XII,1segg.; XIII,14;…);
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conseguentemente Israele caratterizza religiosamente ogni aspetto della sua vita;
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per difendere questa sua fisionomia religiosa e per evitare la contaminazione, Israele si isola dagli altri popoli;
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ha una costituzione politica e sociale teocratica per la quale tutto fa capo a Dio;
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ha organi di collegamento con Dio: i Profeti;
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la dinastia davidica è quella da cui nascerà il Messia;
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tutte le manifestazioni letterarie esprimono l’attesa del Messia.
LE PROFEZIE
I Profeti erano coloro che parlavano « in vece di Dio », erano il legame visibile con Dio.
Gli scritti profetici si distribuiscono in un arco di tempo di circa 1300 anni (dal XVII al IV sec. a.C.). Si pone il problema dell’unità del soggetto di riferimento delle profezie.
Esistono tre elementi di connessione:
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la prima profezia di Dio nell’Eden (Gen.III,15);
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il vaticinio di Noè (Gen. IX,27);
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il vaticinio fatto ad Abramo (Gen.XII,15).
Questi elementi di connessione sono la base che unisce le successive profezie, che preciseranno e arricchiranno.
Ora, le profezie sono anteriori a Cristo ed esse si sono avverate in Cristo.
I miracoli di Cristo
I fatti prodigiosi attribuiti a Gesù sono una parte importante della Sua vita. Occorre esaminarli come fatti per vedere se rappresentano o meno un’ulteriore conferma della realtà del Cristo, Figlio di Dio.
I MIRACOLI DI GESU’
I miracoli sono una parte notevole dell’attività di Gesù. Complessivamente negli Evangeli sono narrati 41 miracoli: 24 da Matteo, 22 da Marco, 24 da Luca e 9 da Giovanni (alcuni miracoli sono narrati da più evangelisti).
Gli evangelisti raccontano i miracoli senza enfasi, né con personale ammirazione o amplificazione.
Il campo di applicazione della taumaturgia di Gesù è vastissima: ogni sorta di infermità, la materia inanimata, quella vivente e i demoni.
Ci si può chiedere se questi fatti narrati corrispondano alla realtà storica (veri ammalati, veri storpi, veri morti,… veri risanati)?
Si può rispondere che i Vangeli, di cui si è già dimostrata la storicità, indicano inequivocabilmente come reali i cambiamenti da infermo a sano, da non vedente a vedente, da morto a risorto,…
Il Vangelo non dà appigli sulla possibilità che il fatto del miracolo si sia verificato e sia stato constatato all’esterno (es. il miracolo del cieco nato). Il Vangelo non consente altre interpretazioni. Sussiste l’equazione tra valore storico dei Vangeli e realtà storica dei miracoli: o si accettano entrambi, o si negano entrambi.
I MIRACOLI DI GESU’ E L’AMBIENTE
La realtà storica dei miracoli di Gesù emerge anche analizzando le reazioni degli osservatori.
Gli avversari e i nemici : non contestano il fatto, ma il modo (« guarisce di Sabato », « è opera del demonio » ).
Gli amici e i fedeli: mostrano ammirazione, entusiasmo, sono la causa della fede in Lui ( « Tale fu l’inizio dei segni di Gesù in Cana di Galilea, e manifestò la Sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui » ; « Della turba molti credettero in Lui e dicevano: il Cristo, quando verrà compirà forse prodigi maggiori di quelli che costui opera? »)
I miracoli sono il mezzo ordinario con il quale Gesù dà prova della Sua origine divina ( « Davvero Tu sei il Figlio di Dio » ; « Rabbì, noi sappiamo che Tu sei venuto da parte di Dio come Dottore, perché nessuno, se Dio non è con Lui, può fare i miracoli che Tu fai » . )
L’azione taumaturgica di Gesù è percepita da tutti come una realtà di fatto indiscussa.
CARATTERISTICHE DEI MIRACOLI DI GESU’
I miracoli di Gesù hanno il carattere della subitaneità ( « Egli stendendo la mano lo toccò dicendo: lo voglio, sii guarito: E tosto la sua lebbra fu guarita » ).
C’è un legame volitivo tra causa ed effetto, cioè un legame spirituale.
I Suoi miracoli sono assolutamente liberi.
Non ci sono ripetizioni di circostanze, di soggetti , di procedimenti.
I MIRACOLI INTELLETTUALI DI GESU’
Gesù ha l’abituale percezione dell’intimo pensiero degli altri ( « Ma Lui non si fidava di loro, perché li conosceva tutti e non aveva bisogno gli si rendesse conto – dei pensieri – dell’uomo; poiché sapeva quello che dentro l’uomo c’era » ) .
Gesù predice con insistente chiarezza le vicende successive che Lo riguarderanno (la Sua morte e la Sua resurrezione).
Gesù predice la fine di Israele e la distruzione di Gerusalemme.
Gesù predice l’avvenire della Sua Chiesa.
Gesù predice la fine del mondo e la Sua seconda venuta.
Dunque il mistero del futuro dinanzi al quale nessuno scruta, non esiste per Cristo, come non esiste per Lui la soggezione alle leggi e alle possibilità umane. Tutto ciò è la conferma della Sua Divinità.
Noi, come i discepoli del Battista, siamo andati da Gesù per « chiedergli » se è il Cristo; e anche a noi è stato risposto : « Andate e riferite a Giovanni quello che avete udito e visto. I ciechi vedono, gli storpi camminano, i sordi odono, i morti risorgono ».
La Sua resurrezione
Gesù annuncia la sua resurrezione ( « Allora alcuni scribi e farisei gli risposero dicendo: Maestro, vogliamo vedere un prodigio proveniente da te. Rispose loro: una generazione maligna e depravata chiede un prodigio e prodigio non le sarà dato che quello di Giona profeta. Ché, proprio come Giona rimase nel ventre del pesce tre dì e tre notti, così rimarrà il Figlio dell’uomo nel cuor della terra tre dì e tre notti. »; « Distruggete questo tempio ed in tre giorni io lo riedificherò… Parlava del tempio del suo corpo. Quando egli adunque fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono (di questa predizione, dicendo): è ciò che egli diceva. »; « E cominciò a mostrare ai suoi discepoli che bisognava andare in Gerusalemme e patisse molto dagli anziani e dai capi dei sacerdoti e dagli scribi e risuscitasse il terzo giorno. »). Gesù intendeva chiaramente presentare la sua resurrezione come segno, come elemento dimostrativo.
Egli era certo di risorgere. La sua resurrezione è connessa con tutta la storia precedente e ne è la più completa garanzia.
CRISTO E’ VERAMENTE MORTO
La morte e i suoi particolari sono narrati dai quattro Evangelisti.
CRISTO E’ VERAMENTE VIVO AL TERZO GIORNO
Anche qui abbiamo la testimonianza dei quattro Evangelisti, di cui tre erano testimoni oculari. Davanti alla chiarezza dei testi si può negare la resurrezione di Gesù solo:
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negando la storicità dei Vangeli;
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considerando allucinati le centinaia di testimoni che lo videro risorto(« Egli si mostrò a più di cinquecento fratelli ») . L’allucinazione è cosa diversa dalla suggestione : questa può prendere una folla, quella no!